Non è senz’altro la meta più gettonata del turismo internazionale, ma devo ammettere che la Bulgaria mi ha sorpreso dopo un viaggio di tre giorni durante il quale sono stata a contatto con una natura ricca e selvaggia, imparando a conoscere l’agricoltura del paese e la sua capitale, Sofia. La possibilità di esplorare il confine est dell’Europa l’ho avuta in occasione della undicesima edizione della Festa della Fragola. Questo Paese, di poco più di sette milioni di abitanti, con una superficie che per dimensioni si avvicina a quella dell’Italia, è ricco di contraddizioni e come tale ha un suo fascino tutto particolare. La maggior parte dei suoi abitanti si concentra in poche città, tra cui Sofia. Il resto del Paese è costellato da piccolissimi agglomerati abitativi, molti dei quali spopolati sia a causa della collettivizzazione della terra in periodo comunista, sia dopo il crollo del regime sovietico negli anni Novanta a causa delle forte spinta all’industrializzazione nelle città.
Il mio tour si è concentrato nella regione del Montana, al confine con la Serbia, e a Pàzardzhik, tra i centri di Sofia e Plovdiv, dove sono situati i campi coltivati a biologico della Rigoni di Asiago. La biodiversità bulgara è un vero patrimonio da tutelare: il paese vanta oltre 12.360 specie di flora e 13 mila di fauna, 12 Parchi nazionali e 250 piante endemiche. Tutta questa biodiversità emerge semplicemente facendo una passeggiata in primavera nelle campagne, dove in mezzo a una vegetazione selvaggia e rigogliosa si incontrano rane, libellule, mantidi, cicogne, una lunga varietà di splendide farfalle. Eppure, nonostante questo splendore e i chilometri di boschi e prati incontaminati, dove la natura ha spazio per esprimersi, la Bulgaria sta anche lottando per migliorare i livelli di inquinamento dell’aria di alcune specifiche zone in cui si concentrano le grandi centrali a carbone, che forniscono energia al paese (dotato anche di una centrale nucleare).
I campi della Rigoni, che ha il suo quartier generale in Italia a Foza, in provincia di Vicenza, è presente in Bulgaria dal 1993: oltre 1.400 gli ettari di terreni coltivati tutti in regime biologico in cui si producono fragole, ribes, more, lamponi e negli ultimi anni anche mele, prugne, amarene, nocciole, compresi vivai per la produzione delle piantine di varie specie. Nei campi sono impiegati raccoglitori di etnia prevalentemente rom, che qui sono stanziali: alcuni di loro sono stati anche in Italia, a raccogliere frutta e verdura nei campi del Sud, in Campania e in Calabria, ma appena hanno potuto hanno fatto ritorno in Bulgaria, dove lo stipendio corrisposto da Rigoni è superiore alla media di quelli bulgari. A dirigere i lavori agricoli ci sono responsabili per metà italiani e metà bulgari delle due società, Ecoterra ed Ecovita. Che dire? Che le fragole biologiche che ho assaggiato direttamente dalla pianta sono le migliori che io abbia mai mangiato. Durante le varie passeggiate nei campi ho fatto scorpacciata di gelsi neri e di ciliegie e, alla Festa della Fragola, che si tiene ogni anno sui terreni intorno a Karabunar, il vero trionfo sono state le fragole da intingere in cascate di cioccolato fondente e bianco. Una golosità senza pari, tra l’altro gustata con la benedizione dei pope locali durante una suggestiva cerimonia ortodossa per il raccolto.
Un po’ dolente, devo ammettere, il capitolo cibo (fragole a parte!) : non posso dire certo che la Bulgaria sia un Paese per gourmet. Stando alla mia breve ma intensa esperienza, il piatto migliore sono le insalate. I bulgari sono abituati a iniziare ogni pasto con una grande insalata di verdure crude fresche e croccanti: pomodori, peperoni arrostiti, cetrioli, cipolle, il tutto accompagnato da un formaggio tipico locale, che chiamano “Syrene”, in pratica l’equivalente della Feta greca Dop, marchio però esclusivo del Paese ellenico. Se doveste trovarvi in Bulgaria e essere un po’ ai ferri corti con il cibo locale, ordinate una Syrene po shopski e non ve ne pentirete, è una insalata in piena tradizione mediterranea. Ci sono anche delle zuppe fredde, tra cui la Tarator, somigliante a un gazpacho. Il resto del pasto è composto in prevalenza da carne arrosto (soprattutto pollo e maiale, ma anche manzo), solitamente troppo cotta, accompagnata da vegetali e verdure. Le bevande più comuni sono la birra, la rakia (una sorta di acquavite molto, molto forte) e il vino. Tra i dolci, ho assaggiato quello tipico, che si chiama “garash”: una sorta di tiramisù molto denso, fatto con una crema a base di uova, nocciole e cacao. Da provare anche i Baklava. Vi consiglio, invece, di provare il cibo bulgaro da asporto, lo ‘street food locale’, fatto per lo più da kebab, polpette di carni miste (come la kebapcheta) e gustosi scrigni di un’ottima pasta sfoglia (i bulgari sono noti per la lavorazione di questo tipo di pasta) ripieni di formaggio (come la torta Banitsa), verdure o carne, magari abbinati a una bevanda dissetante a base di yogurt, acqua e sale che troverete facilmente in tutti i mercati, a partire dal Mercato Centrale. I costi sono davvero bassi: la moneta bulgara è il Leva e i prezzi del cibo e di ogni altra cosa sono praticamente dimezzati rispetto all’Italia. Comprate e portatevi a casa come souvenir un vasetto di miele: è coltivato dai contadini bulgari (che lo vendono per le strade anche fuori città) ed è buonissimo.
Sofia è stata una bella scoperta: passeggiare per il centro storico della Capitale vuol dire passare nel giro di pochi metri da un’atmosfera vetero comunista a una ottomana e islamica. L’antica “Serdica”, amata dall’imperatore romano Costantino, oggi è chiamata Sofia nel senso greco del termine, che indica la saggezza. Ed è solo un caso che la santa protettrice della città sia proprio Santa Sofia, la cui statua domina il centro della città. Sofia sorge nel cuore di ciò che un tempo fu Tracia e Macedonia. Nel centro storico (facilmente raggiungibile con una nuovissima metropolitana dall’aeroporto), c’è la magnifica basilica ortodossa di Sant’Alessandro, costruita in onore dello zar russo Alessandro II Romanov, chiamato il Liberatore, perché fu sotto la sua guida che la Bulgaria venne liberata dal dominio ottomano, che qui durò cinque secoli. Con le sue cupole decorate con una colata di oro zecchino, la basilica, iniziata nel 1882 e completata nel 1912, è davvero maestosa, sia nella complessa facciata esterna, sia all’interno, dove si respira un’aria di solennità e preghiera.
Nel mio rapido giro per Sofia, ho cercato di visitare i monumenti principali, e devo dire che ho camminato incessantemente per ore. Non dovete perdervi la chiesa russa di San Nikolai, che riprende lo stile delle chiese moscovite; l’antica basilica di Santa Sofia; il ponte dei Leoni, dominato da statue leonine che costarono la vita dell’artista che le realizzò: si dice che, accortosi di avere dimenticato di fare la lingua delle belve, si gettò nel fiume non sopportando l’errore. Ho visto la moschea Banya Bashi, costruita nel sedicesimo secolo, e attualmente l’unica attiva a Sofia, e il mercato della città: è al suo interno che potete comprare i tipici cibi da strada bulgari che vi ho consigliato. Sono riuscita a visitare il bazar all’aperto, dove si può vivere l’anima più autentica e semplice della città: fresche e frutta esposti in grande quantità, con ciliegie, patate, peperoni, fragole, formaggi freschi, piccoli oggetti in terracotta (ovviamente una piccola pentola decorata ora fa parte della mia collezione). Nel cuore di Sofia, vi consiglio di visitare la terza sinagoga più grande d’Europa. Mentre la chiesa più antica di Sofia si trova dietro lo Sheraton Hotel, quasi nascosta dalle facciate dei palazzi ottocenteschi ed è la chiesa di San Giorgio: un piccolo gioiello incluso nella lista del patrimonio Unesco (la Bulgaria vanta in totale 9 siti inseriti nel patrimonio Unesco), ricco di affreschi databili al decimo secolo dopo Cristo.
Sofia non manca di un centro più moderno per lo shopping, ora in ristrutturazione, il Vitosha Boulevard: come sempre, in questo bel viale essere a Sofia o in qualunque altra città europea non cambia di molto le cose. Ci sono i brand più importanti, tante caffetterie e ristoranti alla moda ed è una zona frequentata soprattutto dai più giovani. Non mancano imponenti tracce del recente passato e soprattutto dell’architettura comunista. Da visitare quantomeno il Palazzo nazionale per la cultura: un imponente edificio di dodici piani oggi usato per conferenze e mostre d’arte, dalla cui sommità potete godere una vista su tutta la città. Per quanto riguarda gli hotel, vi consiglio quello dove ho dormito: l’Hotel Expo, un quattro stelle situato nella zona della nuova sky line di Sofia, ben posizionato sulla linea della metropolitana che conduce sia al centro e sia all’aeroporto, in pochi minuti e a prezzi popolari.
2 commenti
ciao Ada! Ma la fragola viene raccolta praticamente tagliandola dalla piantina?? Dalla foto cosi sembra! 🙂
Ciao Michela, le fragole vengono raccolte tutte a mano dalle raccoglitrici, che semplicemente le staccano con le mani dalla pianta. Poi vengono trasportate in cassette nello stabilimento, lavate, asciugate, surgelate e in seguito trasportate in Italia, a Foza, per la lavorazione finale. Ti assicuro che dalla pianta hanno un altro sapore! Baci