Da un lato un paesino all’ombra delle Dolomiti con appena 150 abitanti e ben cinque distillerie. E’ Santa Massenza, in Trentino. Un luogo dove fare grappa è una cosa seria. Dall’altro una città signorile e ricca di storia. Questo è il racconto dei miei tre giorni trascorsi tra Trento e Santa Massenza, in concomitanza con due eventi molto gettonati, i mercatini di Natale di Trento e la Notte degli alambicchi accesi. Due manifestazioni capaci di richiamare migliaia di persone ed eccezionalmente suggestive, ognuna a suo modo. Decisamente commerciali i mercatini di Trento, diventati ormai una istituzione, anche se l’atmosfera natalizia di cui sono intrisi fa dimenticare il fatto che siano un tripudio del consumismo. Assolutamente verace, intellettuale e di elite la Notte degli alambicchi accesi, dove attori, distillatori e pubblico si uniscono in una sorta di lezione a cielo aperto sulla grappa e sul suo legame indissolubile con il territorio dell’Alto Garda.
Splendida è Trento, incastonata tra le Dolomiti, con la sua piazza medievale e l’antico quanto austero Duomo, il palazzo vescovile (sede di un bel museo permanente), le stradine strette, coi profumi di strudel, zelten e dell’aroma speziato del vin brulè, che si levano nell’aria. Una cittadina a misura d’uomo, dominata dal Castello del Buon Consiglio: perfettamente conservato sia all’interno sia all’esterno, che da solo vale una visita nella città che ospitò il Concilio ecumenico della Chiesa cattolica nel XVI secolo (durato un’inezia, appena 19 anni, dal 1545 al 1563) e che conserva ancora il fascino di un luogo di confine, tra stirpe germanica e italica. La gastronomia cittadina oscilla oggi tra il rispetto ortodosso della tradizione (dai canederli allo strudel, dallo stinco di maiale e i wurstel allo zelten, un dolce natalizio a base di frutta secca, alla torta di mele) e una creatività che si fa notare in ristoranti come Le due spade. Lo scrigno del Duomo o la Locanda Margon. Trento e il Trentino vivono di storia, cultura e turismo. Ecco perché la Strada dei Sapori e dei vini del Trentino punta molto sulle grandi manifestazioni. Come quella ospitata a Palazzo Roccabruna (altro gioiello di architettura) e dedicata al Trentodoc, orgoglio della produzione di bollicine, anche nazionale.
Qui si viene a degustare la grappa trentina, quella che riunisce i produttori sotto il simbolo del tridente (tridentum è il nome con cui gli antichi romani battezzarono la città, duemila anni fa). Un modo per distinguere queste produzioni di grappa dalle altre. Già, perché i trentini (che contano ben 40 impianti di distillazione) la fanno diversamente. Attraverso il metodo a bagnomaria, seguendo un disciplinare più restrittivo rispetto alle altre regioni. La distilleria Marzadro, che ho potuto visitare nei pressi di Rovereto, è una di queste: seicentomila bottiglie, vendute sul territorio e in tutto il mondo. Un’azienda a conduzione familiare che oggi conta quaranta dipendenti e che si occupa di grappa a 360 gradi, dalle monovitigno, alle barrique fino alle ultime sperimentazioni in orci di terracotta.
Viceversa, a Santa Massenza, si entra nel mondo della piccola distilleria. Dove ogni produttore ama differenziarsi e proporre il suo stile nel fare la grappa. Gli esperti dicono che tutto si gioca nei tagli tra la testa e la coda durante la distillazione. Le vinacce fresche arrivano spesso direttamente dalle vigne di proprietà. Come accade per la distilleria Casimiro Poli o quella di Francesco Poli. Si, sono molti i Poli a Santa Massenza. E tutti fanno buone grappe. Un’esperienza unica osservare un alambicco in funzione, notare l’attenzione maniacale e la cura del mastro distillatore, sentire addosso il calore che ti avvolge, mentre il naso viene piacevolmente confuso dai profumi delle vinacce. Cosa aspettate a organizzarvi per il prossimo anno?