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Recensioni: nella Capitale apre Giulietta, viaggio nella pizza di qualità tra Napoli e Roma

by Ada Parisi
5 min read

GIULIETTA ha chiuso nell’ottobre del 2019

Non amo le inaugurazioni, non accetto quasi mai inviti agli opening di nuovi locali perché ritengo che una inaugurazione non sia il momento giusto per farsi una idea equilibrata. Per due motivi: perché se si tratta di un opening riservato alla stampa solitamente il locale cerca di apparire al meglio, e non è detto che quello sia poi lo standard. E perché se si tratta di una inaugurazione aperta a tutti confusione e tensione possono causare errori e problemi. In questo caso ho deciso di provare Giulietta pizzeria il primo giorno di apertura al pubblico. Fabio Spada e Cristina Bowerman, coppia affiatata non solo negli affetti ma anche nell’imprenditoria, si sono tuffati in questa nuova avventura gastronomica scegliendo un percorso multifunzionale, che ha portato alla nascita di Romeo e Giulietta, ristorante e pizzeria. Ma non solo. Per farlo, hanno scelto Piazza Emporio a Roma, in un ambiente da circa duemila metri quadrati, dove il ristorante Romeo e la pizzeria Giulietta hanno iniziato la nuova avventura il 13 marzo. Incastonati al di sotto del Colle Aventino, tra archi in mattoni rossi e alti soffitti, propongono colazioni con prodotti del loro forno, un cocktail bar (24 metri di bancone), pausa pranzo, aperitivo e cena. Ci sono ampi spazi per corsi di cucina, un angolo dedicato alla gastronomia, salette private: il locale è modulare, realizzato dall’architetto Andrea Lupacchini (che ha firmato anche gli interni della Hostaria Glass) e può trasformarsi, spostando pannelli e sezioni, per adattarsi a tutte le esigenze. Il progetto è ambizioso (ne fanno parte anche il giornalista Andrea Scuteri e il pastaio Giuseppe Di Martino), ma Cristina Bowerman non è nuova a queste sfide, superimpegnata con Glass Hostaria, il banco al mercato di Testaccio e il progetto Ape Romeo, ora si tuffa in questa nuova iniziativa che nasce come ampliamento del Romeo chef and baker, avviato nel quartiere Prati, e ceduto a inizio 2017 a Birra del Borgo (gruppo multinazionale Ab InBev).

Giulietta e Romeo hanno ambienti giocati sugli stessi toni, moderni e di design, su colori neutri, dal beige al bianco al crema e su spazi ampi che abbinano la modernità dell’arredamento alle splendide volte preesistenti. Gli ingressi sono allineati, ma separati da pochi metri: la pizzeria è ampia, il cuore pulsante sono i due forni a legna posti al centro del locale, da cui escono pizze in stile napoletano e in stile romano. Le prime sono affidate alla consulenza dei fratelli Francesco e Salvatore Salvo (della pizzeria di San Giorgio a Cremano), una istituzione della pizza partenopea; quelle in stile romano sono a cura di Marco Lungo, esperto pizzaiolo, teorico delle lunghe lievitazioni e dell’impasto perfetto. I tavoli sono ben distanziati e il locale è poco rumoroso grazie al bel lavoro di insonorizzazione acustica fatto in sede di ristrutturazione. Due maxi schermi, che riprendono le attività dei pizzaioli, campeggiano su due lati del soffitto per mostrare in diretta ai clienti cosa accade dietro il bancone delle pizze.

IL MENU – Il menu di Giulietta è diviso in due sezioni, una dedicata a fritti e pizze romani, l’altra dedicata a fritti e pizze napoletani. In alternativa, c’è una offerta che arriva dal bancone gastronomia dell’adiacente ristorante Romeo: tagliere di salumi della tradizione italiana (10 euro), prosciutto di Langhirano e mozzarella di bufala (10 euro), stracciatella di Andria e alici (8 euro), caprese (8 euro), alici sottaceto e verdure crude (6 euro). Io però ho preferito concentrarmi su fritti e pizza e ho provato tutti i fritti, sia quelli romani, sia quelli napoletani e ben cinque pizze, per potermi fare un’idea più precisa possibile dell’offerta.

FRITTI ROMANI – I fritti romani sono composti da: supplì tradizionale (un pezzo 3 euro), fiore di zucca e alici (3 euro), mozzarella in carrozza con prosciutto cotto (4 euro) e panzerotto (3 euro). Promossa la mozzarella in carrozza, croccante, non unta, filante, con un prosciutto di ottima qualità in un’unica fetta tagliata spessa. Promosso, per gli stessi motivi, il fiore di zucca: pastella croccante e non unta. Come sempre (e quasi non ci faccio più caso), sono rimasta delusa dal supplì perché vi ho trovato lo stesso inesplicabile difetto della maggioranza dei supplì romani, ovvero la cottura decisamente eccessiva del riso. Peccato, perché il sugo era saporito. Mi ha lasciata molto perplessa il panzerotto, non tanto per l’esecuzione (corretta), quanto per la porzione: si tratta di una sorta di piccolissimo raviolo proposto, a mio parere, a un prezzo non adeguato alle dimensioni, considerando che si tratta dei fritti rustici di una pizzeria, seppure di design.

FRITTI NAPOLETANI – Veniamo ora ai fritti napoletani. Ho provato la classica frittata di pasta (5 euro a porzione), la crocché di patate (3 euro), la zeppola (5 euro) e la scagliozza (3 euro). Anche qui due promossi e due bocciati. Ottima la crocché di patate: abbondante e dal buon sapore antico di patata e formaggio, con una panatura asciutta, sottile e croccante. Ho trovato ben fatta anche la frittatina di pasta, ma la scagliozza (una frittella a base di polenta diffusa nel centro sud Italia, e anche nella mia città, Messina) era decisamente troppo unta. Purtroppo la zeppola è non classificabile, perché non aveva assolutamente lievitato. Le zeppole napoletane sono leggeri pezzi di pasta di pizza fritti, ben lievitati e alveolati, guarniti con salsa di pomodoro. In questo caso, la zeppola è risultata pesante, non lievitata all’interno e cruda: sono certa che si sia trattato di un problema legato alla lievitazione e che sia contingente e irripetibile. In definitiva, sui fritti Giulietta ha ampi spazi di miglioramento, come anche nei tempi del servizio che – cortesissimo e sorridente – è stato penalizzato, probabilmente per l’agitazione da ‘primo giorniO,  da lunghe attese che hanno fatto arrivare al tavolo parte dei fritti a temperatura quasi ambiente.

LE PIZZE – Il grande lavoro preparatorio fatto sulle pizze si vede tutto, sia negli impasti sia nella eccellente qualità delle materie prime. Ho scelto di provare tre pizze napoletane e due romane. Per quelle in stile partenopeo i prezzi vanno dai 6,5 euro della marinara (pomodoro di Corbara, aglio e origano) ai 12 euro della pizza con carpaccio marinato, cipolla rossa in agrodolce, conserva di arancia e gorgonzola al cucchiaio. Ho provato tre pizze: la pizza Margherita del Vesuvio con pomodoro del piennolo in conserva, mozzarella di bufala e olio extravergine di oliva (9,5 euro); la pizza capricciosa (pomodori San Marzano, carciofi, salame, olive, acciughe e fior di latte (10 euro); infine, la cime di rapa, prosciutto e fichi (11 euro).

L’impasto delle pizze napoletane, che trova la sua massima valorizzazione nella pizza Margherita, è in pieno stile partenopeo con un cornicione pronunciato, ben cotto e alveolato, ma non nello stile “a canotto”, ovvero molto rigonfio; il fondo della pizza era soffice ma non cedevole e nel complesso cotto perfettamente. Gli ingredienti delle pizza sono in parte tradizionali, soprattutto nel pomodoro San Marzano o di Corbara o del Piennolo, con incursioni nelle eccellenze di tutta Italia, come la ‘nduja di Spilinga, il Verzin erborinato di Beppino Occelli, il formaggio conciato romano.

Ho molto apprezzato nella pizza capricciosa l’uso dei carciofi al naturale e non dei soliti carciofi sottolio. La mia pizza preferita è stata quella con cime di rapa, mozzarella, fichi secchi, prosciutto crudo e scaglie di formaggio caciocavallo: una pizza giocata su un precario ma ben ottenuto equilibrio tra la nota amara delle cime di rapa, la dolcezza dei fichi secchi e quella sapida di prosciutto e caciocavallo. Un abbinamento decisamente ben riuscito.

Le pizze romane in carta vanno dai 6,5 euro della Napoletana con pomodoro, chips di aglio e origano ai 15 euro della pizza cacio, pepe e ricci di mare. Ho provato quella con patate, guanciale e gorgonzola piccante (11 euro) e il calzone ripieno fritto con formaggio e prosciutto cotto (9 euro). L’impasto delle pizze romane, con la consulenza di Marco Lungo (ideatore del metodo brevettato chiamato “Biga Lungo”), è costituito da una miscela di farine biologiche e semi-integrali a lunga lievitazione, fino oltre le 48 ore. Il risultato è un disco con un cornicione poco pronunciato, leggermente croccante e ben cotto, una base sottile ma morbida, non biscottata come la classica pizza “scrocchiarella” romana. Un impasto saporito, piacevolissimo in bocca e ben valorizzato da ingredienti di qualità disposti sulla pizza nella giusta quantità. Io non sono una appassionata di pizza alla romana, proprio per il fatto che è estremamente sottile e biscottata, quasi come fosse un cracker, ma alla pizza alla romana di Marco Lungo (che chiamerei “pizza alla Marco Lungo”, più che “alla romana”) potrei decisamente abituarmi.

In carta ci sono pizze più tradizionali, tra cui la napoletana e una capricciosa (11 euro) preparata con uova di quaglia e funghi cardoncelli. Un omaggio a Roma con la pizza amatriciana (10 euro) con pomodoro san Marzano, guanciale e formaggio pecorino romano Dop. Sul fronte pizze creative, cito quella con melanzana affumicata, stracciatella e melograno (9 euro); quella con calamaretti, mozzarella e pesto (11 euro), oppure la cacio, pepe e ricci (15 euro). Ho provato anche il calzone ripieno fritto (9 euro), con un involucro sottile e non unto, e un ripieno molto ricco, che è presente in carta anche con impasto napoletano e ripieno a base di verdura e formaggio.

I DOLCI – Dulcis in fundo, la pizzeria Giulietta offre una piccola ma ben eseguita selezione di dolci, tutti al costo di 6 euro. Costernata per la non disponibilità del babà di Romeo, mi sono dovuta accontentare di un ottimo tiramisù espresso, cremoso, con la giusta quantità di caffè e un savoiardo bagnato in modo corretto. Ho provato anche un tartufo bianco, servito con caffè espresso ‘vero’ caldo al tavolo, per ‘affogare’ il gelato secondo il proprio gusto. E, infine, ho assaggiato una sfiziosa crostata in barattolo al gusto di lampone e di crema: davvero ben fatta la crema, soda e non collosa, con un piacevole sentore di uova e di limone. I dessert sono decisamente promossi. Da bere, Giulietta offre le birre del Birrificio del Borgo sia in bottiglia, sia alla spina, di cui una (in stile pils) creata appositamente per la pizzeria. Il cliente può scegliere anche tra alcune etichette di vino, con una proposta molto stringata ed essenziale. Se siete intenditori di pizza o semplicemente appassionati Giulietta Pizzeria fa per voi.

(visitato il 13 marzo 2017, primo giorno di esercizio)

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4 commenti

Evelina 15 Ottobre 2018 - 16:48

Ciao Ada,

ho riletto la tua recensione sulla pizzeria Giulietta per capire se era in linea con le mie impressioni.
Sono stata diverse volte in questa pizzeria e non mi ha mai convinta…anzi…. Ho ordinato le prime volte sempre la pizza napoletana, in quanto io non amo la pizza romana, ma mi ha lasciata sempre delusa. Impasto gommoso e pizza quasi sempre fredda; cornicione difficile da mangiare. Confrontandomi con i miei amici con i quali sono stata a cena in questa pizzeria i pareri sono stati sempre abbastanza discordanti.
Così, capitandoci spesso per motivi logistici, questa estate ho provato la versione romana, e devo dire che è sicuramente migliore della versione napoletana. Ieri sera sono stata di nuovo in questa pizzeria e scegliendo di fretta ho preso la margherita del Vesuvio, quindi sono tornata alla versione napoletana. Risultato??? Indigesta!!!!! Sono andata a letto con la pancia gonfissima e stessa cosa anche il mio compagno.
Devo dire che la pizza che ho mangiato ieri sera ha confermato tutte le mie perplessità e mi dispiace veramente tanto perché un nome così , con un bel locale e anche bei prezzi 🙂 non può presentare una pizza gommosa e indigesta.
Ho letto anche varie recensioni sul web per un confronto, e anche qui ho trovato pareri uguali al mio e altri pareri invece entusiastici.
E’ anche vero che solo negli ultimi anni l’offerta romana in termini di pizza sta migliorando parecchio; quando sono arrivata a Roma l’unica pizza degna era quella al taglio 🙂 quindi molti non hanno la vera percezione di cosa sia una pizza buona.
Comunque…. volevo solo confrontarmi con te che sicuramente sei molto più competente di chi va solo a “mangiare una pizza” 🙂
Ciao
Evelina

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Ada Parisi 15 Ottobre 2018 - 21:12

Ciao Evelina. Allora, questa recensione è vecchia ed effettivamente andrebbe aggiornata. Se mi avessi chiesto dove andare a mangiare la pizza a Roma non ti avrei mai suggerito Giulietta, che già pochi mesi dopo l’apertura aveva confermato le mie perplessità iniziali. Non ci vado da tempo e non credo che ci tornerei. Tra l’altro l’idea iniziale non somiglia affatto al risultato finale e chi aveva studia le pizze all’epoca del lancio andò via poco dopo. Ci sono poche pizze di livello a Roma a mio parere, ma ho gusti difficili. Prova gli Illuminati di Pier Daniele Seu. Baci, Ada

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Evelina 16 Ottobre 2018 - 09:27

Buongiorno Ada,
devo dire che immaginavo che anche per te questa pizzeria non va…..
Io, anche se i miei amici che abitano in zona la propongono spesso, ho deciso di non tornarci più!!! Penso di avergli dato fin troppe opportunità per farmi ricredere. Ma il risultato finale è: BOCCIATA!
Conosco la pizza di Seu e mi piace; purtroppo anche i miei gusti sono “difficili” 🙂
Devo dire che dalla scorsa primavera ho trovato un’ottima pizzeria al Pigneto, esattamente nell’ ex ristorante Primo. Ora il locale si chiama Pizzeria Sant’Alberto, se capiti in zona ti consiglio di provarla.
Per il resto, cercherò di sperimentare ancora nuove proposte sperando che continui questa evoluzione culinaria che la ristorazione romana ha intrapreso negli ultimi anni (compresa anche la pasticceria/gelateria).
Grazie per il tuo riscontro
Baci

Evelina

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Ada Parisi 16 Ottobre 2018 - 13:58

Si, qui puoi provare anche Sbanco, in zona San Giovanni e IL piccolo buco a Fontanta di Trevi. Su quella al Pigneto, sei sicura che il pizzaiolo sia lo stesso? Ho sentito pareri contrastanti. Per la pasticceria Casa Manfredi è una garanzia. Un carissimo saluto, Ada

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