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Il Campidano, a Samassi (Sardegna)

by Ada Parisi

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E’ stata una scelta coraggiosa quella del giovanissimo chef Alberto Sanna, 28 anni: dopo avere fatto esperienza a Londra, ha deciso di tornare a casa, a Samassi, nel cagliaritano, per aprire il suo ristorante, “Il Campidano”, all’interno dell’albergo del padre. Non un albergo moderno o di lusso, ma il classico hotel di paese di fronte alla stazione, con bar annesso, dove i giovani e gli anziani si riuniscono a bere una birra dopo il lavoro. Quella che i critici chiamano ‘location’, la posizione del ristorante, non è sicuramente felice, ma basta assaggiare i piatti di Sanna per dimenticare di non essere in una zona alla moda. Lo chef ha fatto qualche piccola modifica alla vecchia sala da pranzo del ristorante di hotel, con runner neri su tovaglie bianche, bicchieri scolpiti e piatti trasparenti o di ardesia, e si è messo in cucina con l’unico aiuto della madre e della fidanzata, acquistando per ora solo l’indispensabile, come il roner e l’abbattitore. Professionale il servizio, rapido e attento. Carta dei vini con poche e selezionate etichette sarde e bollicine italiane e francesi con ricarichi nella norma.

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Il risultato del coraggioso e ammirevole progetto di Sanna è una cucina creativa ma solidamente basata su prodotti tradizionali, presentata in modo pulito e accattivante, con una grande attenzione verso gli abbinamenti e i contrasti di colori e consistenze. Due i menu degustazione, uno di carne e uno di pesce, entrambi a 40 euro (un rapporto qualità prezzo ben più che onesto), in alternativa si può scegliere à la carte. Ho provato il menu di pesce, ma non ho potuto non assaggiare almeno un piatto di carne della tradizione sarda più verace: la fregola alla campidanese. Si comincia con un calice di bollicine francesi e un benvenuto dello chef: muggine al vapore con maionese di bottarga. Un bocconcino prelibato, anche in considerazione della difficoltà di trattare il muggine, un pesce molto usato in Sardegna ma che presenta sentori di terra.

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Poi un battuto di gambero rosso di Villasimius con funghi cardoncelli fritti e salsa al miele di cardo, che ben si armonizza con la dolcezza del gambero. Minimalista sia nei sapori sia nella presentazione.

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Dopo il gambero è la volta di una seppia al nero con crema di piselli e zenzero. Al di là della semplicità nella scelta degli ingredienti, che ripercorre il tradizionale abbinamento seppie e piselli, il profumo dello zenzero è una bella intuizione che rende il piatto fresco e piacevole.

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Due i primi previsti nel menu degustazione. Iniziamo con un risotto con crema di asparagi, ricciola e maionese di nero di seppie: un piatto esteticamente di grande impatto, buono e marcato il gusto degli asparagi, ma avrei preferito una cottura del risotto più all’onda e una maggiore salinità vista la presenza del nero di seppie. Forse un po’ di scorza di limone grattugiata potrebbe armonizzare meglio i sapori.

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Molto interessante l’idea alla base della portata successiva: gnocchi di fave con pomodorini freschi, guanciale e cozze. Gli gnocchi sono realizzati solo con purea di fave e farina e hanno un sapore insolito e accattivante e una consistenza che si scioglie in bocca. Decisamente gustosi, anche se forse li avrei preferiti in un abbinamento capace di valorizzarli di più, perché l’acidità del pomodoro fresco copre il delicato sapore degli gnocchi. In ogni caso una delle idee che più mi è piaciuta.

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Fuori menù ho ordinato una fregola campidanese mantecata al pecorino, un piatto tipico del Campidano: ottima la cottura della fregola, di qualità la salsiccia, con un profumo persistente di semi di finocchio, evidente anche la qualità dello zafferano di Sardegna, usato in abbondanza.

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Il secondo previsto nel menu degustazione di pesce è uno dei cavalli di battaglia dello chef: un polpo in crosta di pane carasau. Il polpo morbido all’interno, la panatura originale, croccante e saporita. Ad accompagnarlo crocchettine di patata e una salsa al prezzemolo. In questo caso avrei preferito che il piatto fosse completato da una componente fresca o acida, per sgrassare la bocca e prepararla al boccone successivo. Una salsa allo yogurt? Un sorbetto agrumato? Un dip piccante in stile vietnamita?

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Ottimi, originali e particolari i dolci, soprattutto perché decisamente molto freschi e poco dolci, perfetti come fine pasto. Rinfrescante la colorata zuppa di anguria al naturale, con gelato alla panna, praline di melone e cialda al cacao, che riporta finalmente la frutta al centro dell’attenzione.

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Insolita la millefoglie di carasau con mousse di ricotta e passion fruit, anche in questo caso con una dolcezza misurata e un sapore delicato ma persistente. Bellissima la presentazione, con una polvere di meringa, fiori e frutti a decorare il piatto.

In definitiva, se vi trovate in Sardegna, vi consiglio di non perdere assolutamente la cucina di questo giovane chef che, tra qualche anno, sarà sicuramente una delle voci più originali e autorevoli della cucina sarda.

(recensito il 18 giugno 2016)